Navratri
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Da pochi giorni sono tornato ad Ahmedabad e già al mio arrivo sono stato immediatamente tuffato nella caotica e rumorosa esperienza del Navratri.
Navratri significa in hindi “Nove notti.” Nove interminabili notti di una danza, il Garba, che mette insieme origini antiche e Pop culture. Il Garba è la danza nazionale del Gujarat. La racconto da ignorante, ma allo stesso tempo per esperienza diretta.
In tre notti sono stato in tre luoghi diversi - il cortile di casa mia, affollato per l’occasione di migliaia di ragazzi e ragazze in festa; un grande auditorium allestito per l’occasione, con palco pieno di tamburi, strumenti elettrici e statue di Dee, schermi giganti e presenza di un divo di Bollywood impegnato nella promozione di un suo film; e infine una serata appena più contenuta ed esclusiva, la prima dove le immense pile di altoparlanti al massimo non mi hanno dilaniato le orecchie, e che a un certo punto ha persino offerto una parentesi musicale acustica, senza amplificazione.
L’effetto combinato dei colori dei partecipanti è grandioso. I vestiti e gli ornamenti delle donne sono splendidi. Il vestito tradizionale delle ragazze del Gujarat è il Chaniya-Choli - composto da una lunga gonna che striscia a terra e si allarga a ruota nella danza, il Chaniya, e dal Choli: un corsetto che lascia scoperto l’ombelico e si annoda nella schiena con lunghi nastri che terminano con nappine e, talvolta, con una catena di metallo lavorato come una collana. Il Chaniya-Choli è completato da una lunghissima sciarpa che si drappeggia intorno alla vita, su una spalla e scende fino a terra: il Dupatta.
Collane e orecchini della tradizione Jhumka sono grandi, pesanti e magnifici, come candelabri o campane ornate che vibrano a ogni passo di danza. Alcune donne hanno una catena aggiuntiva su ogni orecchino, che si allaccia con una forcina ai capelli, sulla nuca, e porta parte del peso di questi sontuosi ornamenti. Altre portano un gioiello in mezzo alla fronte, invece del Bindi, il puntino colorato tra le sopracciglia.
Anche nei costumi si nota la confluenza di tradizioni diverse. Alcuni sono pesanti e coloratissimi, come pappagalli tropicali. Che caldo che devono avere! Altri hanno copricapi che sembrano pesanti tappeti. Qualcuno sfoggia degli ieratici completi bianchi da Yogi. Se le ragazze sono tutte bellissime e colorate, i ragazzi non sono da meno: sfoggiano i Kurta, la lunga camicia al ginocchio, impreziositi con stampe a mano, oppure specchietti o fili metallici. Qualcuno indossa dei sobri kurta monocolori, arancio, o neri. Ma in quel caso sfoggia anche una lunga sciarpa dai colori vivaci.
Nonostante si osino gli accostamenti di colori più coraggiosi, il risultato è quasi sempre sbalorditivamente bello. La ricchezza dei materiali, dei broccati, dei cotoni impreziositi da stampe, il luccichio dei gioielli in argento e oro o, al contrario, la più sobria ombra delle pesanti campane Jhumka in finiture di metallo ossidato, risultano misteriosi e belli, proprio belli.
Io, grigio e noioso occidentale che pensa troppo, non ballo e siedo in disparte a prendere foto e appunti.
Mi domando quali siano le radici religiose di questo festival. Quando chiedo, nessuno sembra sapermi rispondere nel modo che spererei. Qualcosa però mi dicono: il Navratri avviene ogni anno al termine della stagione dei monsoni e celebra Durga, una dea che è una delle manifestazioni di Parvati, consorte di Shiva (Non solo l’India ha moltissimi dei, ma questi cambiano forma e manifestazione, rendendo il panorama difficile da afferrare). Durga ha un aspetto distruttore, e qui si celebra appunto la distruzione a opera sua del Demone Mahishasura e il ristabilire del Dharma. Mi ha fatto pensare al carnevale, un momento di caos affinché un ordine sia ristabilito.
Il suono è un impasto di ritmi antichi e di effetti da concerto per teenagers. Si unisce il tribale al pop, con luci e fumo dal palco. Alcune di queste canzoni, mi dicono, sono preghiere, ma non c’è nulla nell’espressione dei locali che manifesti un qualche trasporto spirituale o emozionale come mi è capitato di vedere in altre parti dell’Asia. Niente, nel tipo di musica, o nell’atteggiamento dei danzatori, marca un momento chiaramente religioso, segna una differenza con le altre canzoni. Ogni brano si fonde gradatamente con il successivo e di uno dicono: “Questo è un inno alla Dea”, e dell’altro: “Questo viene da Bollywood:”
Tutti sembrano conoscere tutte le canzoni - quando l’orchestra crea una pausa ad effetto, cessando per qualche secondo di suonare, si alza immediatamente un canto a riempire con sicurezza questo vuoto.
Esistono scuole di garba, così come in Brasile scuole di samba. Chi va in queste scuole apprende delle sottigliezze e dei passi complessi, ma la base di questo ballo è piuttosto semplice: uomini e donne entrano in maniera casuale in grandi cerchi e tutti in sincrono ruotano, battono le mani, e iniziano un divertente procedere di alcuni passi avanti e alcuni indietro, che però si risolve sempre con un avanzamento continuo, cosicché ciascun danzatore si sposta continuamente, avanzando - alcuni con gesti pacati e misurati, altri più dionisiaci e sfrenati. Ballano a piedi nudi o in pantofole che sembrerebbero poco adatte alla danza, ma, come tutto il meraviglioso e sconclusionato resto, alla fine funzionano. (Questa è una cosa che sto imparando dell’India: alla fine, nonostante tutto, funziona).
Avrei potuto provarci anch’io a fare quattro salti - ma me ne sono ben guardato; ero già impegnato a fronteggiare gli sguardi delle persone dal momento che, notte dopo notte, mi sono sempre trovato ad essere l’unico non indiano. Ho visto due ragazze bionde con la carnagione chiara, una con lineamenti per me italiani ma anche loro, mi hanno giurato, sono indiane. Mentre io sono interessato a capire, mi domando e indago, queste persone sembrano intente semplicemente a vivere, arte che da parte mia devo ancora imparare.
Sono tutti belli, sembrano tutti felici. Spensierati, perlomeno. Ascolto frammenti di conversazione in quell’impasto di parole in Gujarati e inglese che è la parlata locale - le parole inglesi sono così numerose che si sa sempre dove la conversazione andrà a parare. Ascolto, guardo, ma fatico a creare contatto con questa cultura Hindu, dove rispetto ad altre religioni le donne mostrano porzioni abbastanza generose del proprio corpo, ma allo stesso tempo sono soggetti passivi in un contesto dove i matrimoni combinati sono la regola e le unioni sono una transazione tra famiglie di grande importanza e delicatezza in cui si sta bene attenti a non sfibrare il delicato ordito del tessuto sociale - nonostante gli attacchi dell’Occidente, specialmente nelle grandi metropoli internazionali come Delhi o Mumbai, hanno già operato strappi irreparabili.
Avrei voglia di una birra, ma qui in Gujarat l’alcol non è consentito. Le luci del palcoscenico si spengono, alcuni musicisti con tamburi e strumenti a fiato cominciano a suonare a terra, al centro del grande cerchio. Un Intermezzo acustico, più raccolto, più intimo e, immagino io, forse più autentico, più vicino all’origine. Anche se, per i miei gusti di straniero, manca lo sfrenato elemento dionisiaco. Del resto, senza alcol…
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2 commenti
Bellissimo pezzo, grazie mille! :)
Che bellezza! Mi è sembrato, per un momento, di trovarmi a ballare in quel meraviglioso cerchio di anime e colori..